Il rinascimento in musica

Durante il Rinascimento tutte le arti rifiorirono; la musica era presente in tutte le manifestazioni della vita sociale a quella politica. Le cappelle musicali erano formate dai migliori professionisti e la Chiesa celebrava i suoi riti con splendore e magnificenza. La musica profana ebbe ancor più popolarità e la diffusione della danza favorì notevolmente lo sviluppo della musica strumentale. Il bisogno di fare musica per intrattenimento da parte dei professionisti e non, fu una caratteristica del periodo rinascimentale. Ogni gentiluomo doveva avere una formazione musicale.

-La tradizione fiamminga

Durante tutto il Cinquecento i migliori cantori erano quelli avevano studiato nelle maggiori cantorie della Fiandra. I compositori fiamminghi furono i maggiori del secolo, un esempio fu Orlando di Lasso (Mons 1532 – Monaco di Baviera 1594). Altri, invece, diventarono capiscuola di nuovi orientamenti musicali, come Adriano Willaert (Bruges 1490 ca. – Venezia 1562).

-La riforma e la musica nelle chiese protestanti

L’unità religiosa che il cristianesimo era riuscito a mantenere per tutto il medioevo, fu spezzata nel XVI secolo con la nascita di vari movimenti di riforma. Personaggi come Martin Lutero (1483-1546), Giovanni Calvino (1509-1564) e il re d’Inghilterra Enrico XVIII Tudor furono i protagonisti di queste riforme. In seguito alle riforme le cerimonie religiose cambiarono e il ruolo e la forma della musica sacra, di conseguenza, venne modificato. Una conseguenza comune delle riforme fu la sostituzione del latino con la lingua nazionale nei riti delle Chiese riformate.

La confessione luterana fu sicuramente la più importante per quanto riguarda la musica. Martin Lutero, il suo fondatore, era un profondo conoscitore della musica sacra del suo tempo e nella messa luterana volle che i fedeli interagissero tra loro con il canto dei corali. Il corale ebbe così una funzione che si può paragonare a quella del canto gregoriano nel medioevo. I corali erano cantati dall’assemblea all’unisono accompagnati, se necessario, dall’organo o da altri strumenti.

-IL CANTO ANGLICANO E GLI “ANTHEMS”: La Chiesa anglicana fu quella che apportò meno modifiche alla liturgia. Le innovazioni principali furono il Prayer Book (=libro delle preghiere) del 1549 dell’arcivescovo di Canterbury, Th. Cranmer in lingua inglese e il Book of Common Prayer Noted (=libro delle preghiere comuni poste in musica) contenente i canti per le preghiere principali.

-La controriforma cattolica

In seguito alla rapida espansione delle nuove riforme religiose, Papa Paolo III convocò il Concilio di Trento (1545-1563) per definire le linee di impegno della Controriforma Cattolica. Anche la musica sacra fu argomento di discussione e le modifiche apportate furono: l’abolizione di tutte le sequenze ad eccezione di 5, il divieto di usare cantus firmi profani nella composizione di messe polifoniche e l’obbligo che, nelle composizioni polifoniche, le parole fossero chiaramente intellegibili.

Nella seconda metà del secolo, soprattutto a Roma, ebbero grande seguito le attività promosse da S. Filippo Neri (1515-1595), fondatore della congregazione dell’Oratorio, chiamata anche dei Fippini. Presso gli oratori le funzioni religiose erano composte, oltre che dal sermone, dalle preghiere e dalle letture, dal canto di laude polifoniche a 3-4 voci in stile accordale, su testi in lingua italiana. Con la diffusione dell’ordine dei Filippini anche la lauda polifonica acquistò sempre più notorietà.

Nelle zone d’Europa che non ebbero influssi dalla riforme religiose, la polifonia sacra toccò gli esiti artistici più alti. L’incontro fra il contrappunto fiammingo e il nascente gusto melodico aveva portato ad un nuovo stile polifonico europeo. La semplificazione del contrappunto vocale si concretizzò nello stile a cappella, cioè per sole voci, che portò alla purificazione espressiva che è il carattere peculiare di questa civiltà artistica. Lo stile a cappella si sviluppò nelle cattedrali italiane (ad eccezione di Venezia) e toccò i vertici artistici con compositori come Orlando di Lasso, Palestrina, Byrd e Luis da Victoria.

-LA SCUOLA ROMANA: Dalla seconda metà del XV secolo i papi curarono e migliorarono continuamente le cappelle musicali delle basiliche romane. Questo portò la scuola polifonica romana ad avere un primato nella musica sacra del Rinascimento. La più antica cappella romana fu la Sistina ordinata da papa Sisto IV, seguirono la Cappella Giulia, la Cappella Liberiana, la Cappella Pia. I più affermati musicisti delle Scuola romana furono: Palestrina, Costanzo Festa (1480 ca.-1545), Giovanni Animuccia (1514-1571), Giovanni Maria Nanino (1544-1607) e Felice Anerio (1560 ca.-1614). La scuola polifonica romana protrasse la sua attività anche nella prima parte del XVII secolo, distinguendosi per una policoralità di gusto barocco, di cui il più noto esponente è Orazio Benevoli.

-GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA:

Giovanni Pierluigi nacque a Palestrina, sui colli laziali, nel 1524-25. Egli ricoprì dei ruoli molto importanti: iniziò come cantore nella Cappella liberiana, fu organista e maestro di canto nel duomo di Palestrina e, infine, fu maestro della Cappella Giulia e cantore nella Cappella Sistina di Roma, città dove visse fino al alla morte, nel 1594.

Palestrina divenne famoso grazie alle sue composizioni sacre e al suo uso del contrappunto. Palestrina fu stimato musicalmente sia dai contemporanei, che dai postumi. Durante il Romanticismo il culto di Palestrina crebbe notevolmente grazie alla pubblicazione della sua biografia ad opera di Papa Marcello.

L’opera di Palestrina è costituita quasi interamente da composizioni polifoniche su testo latino, destinate alle cantorie per i servizi sacri cattolici. Egli scrisse 102 messe a 4 o 5 voci, in minor numero a 6 e a 8; le più note sono: Missa brevis, Iste Confessor, Aeterna Christi munera, Dies sanctificatus, Salve Regina, Vestiva i colli e Papae Marcelli. L’altra forma molto usata da Palestrina fu il mottetto, né scrisse 307 tra cui ricordiamo: Super flumina Babylonis, Pueri haebreorum, Cantico dei cantici e lo Stabat Mater.

La musica di Palestrina incarnò per i contemporanei il sentimento religioso della controriforma romana mentre per i posteri rappresentò uno degli ideali più puri ed armoniosi del canto sacro cattolico. Uno dei pregi delle creazioni palestriniane è la semplicità dei mezzi impiegati, a cominciare dalle melodie che si combinano nel tessuto polifonico fino alle armonie formate da semplici successioni di triadi, variate da note di passaggio e da ritardi preparati e indotti dal movimento delle parti. Il discorso delle parti, infine, è fluido per merito di una magistrale condotta contrappuntistica delle parti e di combinazioni tra le voci continuamente variate.

LA SCUOLA VENEZIANA: La scuola romana espresse il noto stile a cappella che si diffuse in tutta l’Europa cattolica ad eccezione delle basilica di S.Marco a Venezia, dove si formò un repertorio sacro molto diverso: più dello stile a cappella, pur coltivato, erano apprezzate le composizioni nelle quali alle voci si mescolavano gli strumenti, che potevano essere due organi, degli strumenti a corda (viole) e a fiato (corneti, tromboni). Molto spesso le composizioni polivocali venivano eseguite a cori divisi, cioè due,tre o quattro gruppi cantavano e suonavano insieme ma in spazi distanti all’interno della chiesa. Le musiche veneziane avevano caratteri di fastosità, di colore e di ricchezza sonora perché le esecuzioni non erano abbinate solo ad eventi sacri, ma anche politici. La cappella musicale di S.Marco aveva il compito di celebrare i maggiori eventi della Repubblica Veneziana. Venezia, nel XVI secolo, era ancora il centro economico più ricco d’Italia ed era molto influente politicamente. La musica non doveva essere da meno. Tra i maestri della Cappella si ricordano: Willaert, Cipriano de Rore (1563-64), Zarlino (1565-90), Croce detto il Chiozzotto (1603-09), Monteverdi (1613-43), Cavalli (1668-76) e Legrenzi (1685-90); tra gli organisti: Buus, Parabosco, Merulo, Padovano, Andrea Gabrieli (1566-86) e Giovanni Gabrieli (1584-1612). Questi ultimi (A.Gabrieli e G. Gabrieli).

-Polifonie profane in Europa

Grazie alla diffusione del contrappunto da parte dei maestri e dei cantori fiamminghi aveva conferito un carattere internazionale alle musiche sacre e profane. Questo cosmopolitismo favorì la diffusione delle chanson su testi francesi. Una testimonianza della diffusione e dell’importanza delle canzoni anche in Italia nel 1500 si ha con Ottaviano Petrucci che pubblicò antologie di chansons (l’Odhecaton e altre raccolte). Negli ultimi decenni del XV secolo la musica polifonica si intrecciò con le più importanti lingue nazionali facendo nascere i Villancicos in Spagna, i Lieder in Germania, i canti carnascialeschi e le frottole in Italia. Più avanti si imposero anche il madrigale italiano e la chansons. L’acquisizione delle caratteristiche nazionali fu uno degli elementi che più contraddistinse la storia delle polifonie profane del ‘500: prima e più importante di tutte, quella italiana.

-Le forme popolaresche italiane

La rinascita umanistica dell’inizio del ‘400 legata alla lingua latina, aveva oscurato le forme preesistenti dell’Ars nova italiana in lingua volgare. Il ritorno al canto in lingua italiana si ebbe nell’ultimo ventennio del ‘400 grazie a Lorenzo de Medici, detto il Magnifico, che stimolò a Firenze la composizione di canti carnascialeschi, e Isabella D’Este alla quale si deve la rinascita e lo sviluppo alla corte di Mantova delle frottole. I tratti comuni di queste forme cinquecentesche (canti carnascialeschi, frottole, villanelle, canzonette e balletti) sono: la struttura strofica, lo stile letterario (con uso anche del dialetto) e la prevalenza di scrittura omofona-accordale a 3 o 4 voci.

Anche se le composizioni nascevano per sole voci, nella maggior parte delle esecuzioni veniva cantata solo la voce più alta e lasciando le altre parti agli strumenti, principalmente il liuto.

Mappa concettuale rinascimento musicale:

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Esempio di frottola (brano polifonico su testo giocoso): El Grillo De Prez

Esempio di madrigale (brano polifonico colto e raffinato dal testo solitamente preesistente, scelto dal compositore perché particolarmente adatto a dare vita a vivaci contrasti musicali):  “Vezzosi augelli” Luca Marenzio

Ricorda il madrigalismo è la tecnica compositiva più caratteristica di questo stile. Nel madrigalismo l’andamento della musica riflette il significato di una parola, un concetto o un’immagine presente nel testo poetico attraverso un uso particolare del ritmo, dell’intensità, della melodia o delle dissonanze.

Differenze e somiglianze fra Mottetti e Madrigali

Somiglianze

  1. Strutture polifoniche (coro che intona melodie diverse) e omofoniche (coro che intona stesse melodie)

2.Tecniche di imitazione (una stessa melodia è ripetuta immediatamente)

Differenze

Mottetti
Madrigali
Argomenti Sacri (i pezzi sono scritti per momenti liturgici e sacri) Temi sociali, storie (molti madrigali parlano anche di argomenti come odio, dolore, paura..)
In Latino Lingua Vernacolare (parlata normalmente da una comunità)
Armonie “regolari” e prevedibili.

Le voci si fondano in modo chiaro. Non ci sono cadenze improvvise o dissonanze.

Voci “morbide”.

Può contenere dissonanze e cadenze improvvise. La musica esprime enfaticamente le descrizioni della storia.
(Ad esempio una scala discendente può sottolineare la parola discesa oppure un trillo il canto degli uccelli, etc)

Esempi:

“Ave Maria, Gratia Plena” Josquin Des Prez (mottetto)

“As Vesta Was Descending” Thomas Weelkes (madrigale)

“Queste non son più lacrime” Giaches de Wert (madrigale su versi di Ariosto “l’Orlando Furioso, canto XXIII, ottava 126)

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