La musica del cristianesimo (alto medioevo)

Con la crescita della Chiesa di Roma la musica diventò un elemento importante nella liturgia cristiana. (Inizialmente prese inspirazione dalla tradizione ebraica ad esempio con la cantillazione, i melismi o i salmi.)

Con il passare degli anni, però, si iniziarono a formare differenti repertori locali che risentirono delle influenze del popolo originario. L’unico tra i repertori locali del canto cristiano conservato fino ad oggi è il canto milanese “S.Ambrogio” (noto come canto ambrosiano). Altri repertori locali furono: il gallicano e il mozarabico.

In seguito alla caduta dell’Impero Romano e all’insediamento delle popolazioni barbariche, la Chiesa acquistò sempre più potere religioso e soprattutto politico ma doveva essere unita e uguale in tutte le comunità cristiane del mondo.

Così dai repertori locali si cercò un repertorio unico che portò ai famosi CANTI GREGORIANI, che prendono il nome da Papa Gregorio I Magno, il quale contribuì notevolmente a questa omogenizzazione che in realtà durò molti secoli.
Con canto gregoriano si intende la monodia liturgica cristiana in lingua latina.

Viene anche chiamato: romana cantilena, cantus planus (canto piano), canto mensurato, canto latino o ecclesiastico.

Il canto gregoriano deve la sua popolarità alla Schola Cantorum che formava i cantori insegnando loro tutti i canti a memoria, dato che non si usava ancora una notazione musicale.

Pur essendo molto semplice dal punto di vista metrico e melodico, presenta molte difficoltà a causa della varietà degli stili di canto e dei modi di esecuzione esistenti.

Gli stili del canto ecclesiastico sono tre: l’accentus, il concentus e i melismi (e i vocalizzi).

L’accentus, o tono di lezione, deriva dalla cantillazione ebraica ed è una sorta di recitazione insistita su una nota

Il concentus, o canto spiegato, era il più comune e ad ogni nota corrispondeva una sillaba (sillabico) o 2 o 3 note (semisillabico)

I melismi e i vocalizzi, infine, fiorivano parole come alleluja con più note per sillabe.

La lettura dei salmi, anch’essa regolata da precise regole, potevano essere espressi in tre modi diversi:

nella salmodia responsoriale (il solista leggeva un versetto e l’assemblea lo ripeteva),

nella salmodia allelujatica (dopo ogni versetto letto dal solista l’assemblea rispondeva alleluja),

nella salmodia antifonica (i versetti venivano eseguiti in modo alternato dal solista e dall’assemblea).

Tra il IX e il X sec. nacquero due nuove forme di canto sacro: la sequenza e il tropo.

La sequenza è l’aggiunta sillabica di un testo ai vocalizzi allelujatici. (si aggiungeva un testo per “far funzionare” meglio la melodia)

I tropi (cambi), invece, sono la sostituzione con testi sillabici dei melismi di alcuni canti della messa (Kyrie e Introito).

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